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Al Teatro Costanzi il nuovo allestimento per Jenůfa di Leoš Janáček in scena fino al 9 maggio

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Jenůfa_Cornelia Beskow _ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2024
L’allestimento di “Jenůfa” di Leoš Janáček realizzato in collaborazione con la Royal Opera House di Londra dove, nel 2021 ottiene l’Olivier Award, vede sul podio Juraj Valčuha, tra i massimi interpreti della musica del compositore ceco, che debutta al Costanzi e che ha diretto, con l’Opera di Roma, la Turandot firmata Denis Krief a Caracalla nel 2015. La regia è di Claus Guth nel cast Cornelia Beskow e Karita Mattila sono rispettivamente Jenůfa e Kostelnička. Robert Watson è Števa, mentre Charles Workman canta Laca. Nella parte di Buryjovka invece Manuela Custer

“Jenůfa” è una storia dalla trama intrisa di risvolti dolorosi e passionali in cui domina il lieto fine ma non l’amore al Teatro dell’Opera di Roma è rappresentata con un originalissimo allestimento. Una delle creazioni più amate dal pubblico di Leoš Janáček che la scrisse nel 1904. Anche il Direttore d’Orchestra Juraj Valčuha ama particolarmente quest’opera scritta in cèco e quindi lontana dai canoni comuni dell’opera teatrale.

Janáček è stato definito un visionario, innovatore geniale, frequentatore assiduo della Vienna dell’epoca, ossessionato dalla melodia scaturita dalle parole, passava giornate ad annotare su un taccuino frasi e conversazioni udite nelle strade. Stessa modalità che poi si ritrova nelle sue opere in cui il linguaggio musicale è ricco di forme sincopate e ritmi complessi come nella lingua parlata.

Nel primo atto si conoscono i protagonisti, siamo in Moravia, la giovane Jenůfa è innamorata di Števa che potrebbe essere arruolato e partire in guerra. Speranzosa per amore e per onore, essendo incinta, prega che lui non venga selezionato.

Jenůfa_Cornelia Beskow (Jenůfa)_ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2024

Viene accontentata dal fato ma l’amato non si figura colui che desidera una famiglia con lei. A distanziare i due la gelosia accecante di Laca, suo cugino, che sfregia la ragazza e fa allontanare immediatamente Števa.

Ai bordi della scena donne intente a lavorare, il capo chino, non smettono un minuto, fanno da scenografia e movimento all’opera. Ciascuna con un letto semplice e scarno alle spalle simbolo del lavoro senza pause, senza riposo, senza identità.
Jenůfa © 2021 ROH. Photograph by Tristram Kenton

Nel secondo atto gli stessi letti diventano la gabbia in cui Jenůfa viene imprigionata dalla madre adottiva, il bambino è nato, ma entrambi sono nascosti da mesi, vergogna e onta si riverserebbero sulle loro vite e Števa sta progettando il suo matrimonio con un’altra donna. Un bellissimo costume da corvo simbolo del malaugurio troneggia sulla prigione di letti e le stesse lavoranti della prima scena solo sedute di spalle, fronte alle mura altissime senza via d’uscita.

Lo spazio è ampio ma risulta scenograficamente angusto strategia impeccabile di Michael Levine, accentuata dai fantastici costumi di Gesine Völlm.
Cornelia Beskow (Jenůfa), Karita Mattila (Kostelnicka)_ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma

La tragedia avviene in questo atto il bambino è ucciso da Kostelnicka la madre adottiva di Jenůfa per salvarne la reputazione e sperare in un futuro diverso dal suo. I numerosi materassi sparsi a terra diventano il luogo di disperazione di Jenůfa e donano un’importante impronta scenografica.

Cornelia Beskow (Jenůfa)_ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2024

 

Ma è nel terzo atto che si tramuta la trama, i colori e la scenografia. Un tappeto di fiori gialli accoglie i protagonisti invitati al matrimonio di Števa. Abiti tradizionali cechi adornano i ballerini e le ballerine, è presente anche Jenůfa rassegnata a maritarsi con Laca. Atto in cui si svela l’omicidio del bambino ma che lascia sospeso lo spettatore nel finale in cui la ragazza si crede quasi innamorata di Laca a cui cede tutta la sua vita.

Il regista ha messo in scena un’opera di emozioni, raccontata da Janáček, una donna libera e anticonformista, accentuando la differenza tra la vita che scorre, sempre frugale nella sua ciclicità con il tempo dettato dalle pale del mulino con le donne che lavorano, senza volto e senza personalità.

Jenůfa sogna una vita diversa e trova nell’amante ubriacone forse l’unica speranza di libertà come scappatoia ad un destino delineato, rimanendo però ingarbugliata nel ciclico riproporsi di abusi che aveva subito la madre adottiva. 

Un’opera di grande impatto emotivo, con un cast meraviglioso nell’interpretazione passionale dei personaggi, che coinvolge lo spettatore nel profondo, turbandolo durante i tre atti e lasciandolo ancor più confuso nell’inaspettato finale.

Jenůfa_ph Fabrizio Sansoni-Opera di Roma 2024_9206

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