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“Arte e bellezza” conclude il ciclo di incontri sull’arte contemporanea con Danilo Eccher

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Per cinque giovedì consecutivi il Museo Marino Marini di Firenze ha dato il via a “Paradossi”: un ciclo di 5 lezioni sull’arte contemporanea tenute da Danilo Eccher, uno dei direttori-curatori più importanti del panorama artistico e culturale internazionale

L’ultima lezione, ma speriamo che l’esperienza possa ripetersi anche in futuro riguarda il tema “Arte e bellezza”. Negli incontri precedenti sono stati trattati numerosi temi vedendo il connubio dell’arte con l’interpretazione, la verità, la politica ed il femminismo.

Le belle arti, ci racconta Eccher, all’inizio della lezione si distinguevano dalle altre arti, dall’artigianato e se definire il concetto di bellezza è di per sé un controsenso, si può prendere il punto di partenza da l’opera di Kant “Critica del giudizio”, 1790 dove vi è una distinzione fondamentale fra piacevolezza e bellezza.

La piacevolezza viene trasmessa per linea naturale e sensoriale attraverso i cinque sensi: olfatto, gusto, odorato e vista svincolati dall’intelletto.

Secondo Kant quando entra l’intelletto si sviluppa il concetto di bellezza. Mentre per l’artigianato, non giudico se una cosa è bella ma se è fatta bene. La bellezza invece è sulla base del ragionamento della concettualità.

Uno dei primi esempi che ci illustra il professore è un dipinto di Claude Monet “Impression, soleil levant”, 1872 che, pur non essendo uno dei più bei quadri dell’artista  dà l’inizio all’impressionismo. Vi  si può osservare la rifrangenza della luce che compie una serie di movimenti dandogli la possibilità di scomporsi.

Il soggetto si sposta dalla realtà al protagonista, il soggetto è l’impressione che l’artista ha di quel momento. Non è più la realtà del paesaggio ma quello che l’artista vede in quell’instante.

Quindi il concetto di bellezza si sposta dalla realtà esterna a quella interna dell’artista.

Continuando la presentazione Eccher ci fa viaggiare attraverso i secoli con Joseph Mallord William Turner “Snow storm-steam boat”, 1842 è un lavoro che anticipa di un trentennio il lavoro degli impressionisti. Qui vi è una innovazione, ma non c’è la sensazione, l’impressione dell’artista, che rimane esterna staccata. Il concetto di bellezza è più aggressiva.

Dagli accostamenti di questi due quadri vediamo un percorso che è iniziato, la bellezza sensoriale di Turner diventa interna con Monet. Apre le porte alla modernità all’espressionismo che modifica la realtà, non è più la propria impressione, ma l’artista modifica la propria realtà attraverso anche il colore che viene “gettato” sulla tela.

Con Emil Nolde Emil Hansen “Tramonto”1842, è l’artista che modifica la realtà.

Karl Schmidt- Rottluff  in “Gutshof in Dangast” 1910, è una realtà che si modifica sulla base dell’esigenza dell’artista. Questo tipo di arte verrà distrutta dai nazisti perché non capita.  Nonostante ci sia forte la dimensione del super uomo, l’artista è talmente sovrumano da costruirsi la propria realtà. Infatti sarà Goebbels l’unico a capire e a collezionare questo tipo di quadri.

In Oskar Kokoschka “Autoritratto” è molto più difficile lavorare sul ritratto, la bellezza non è più qualcosa che deve essere vicino al modello ma è data dalla capacità di ricreare il modello secondo un proprio valore espressivo.

Kazimir Severinovic Malevic “Black Square”1915 si può dire davanti a questo quadro tutto nero, la bellezza non è una ricerca dell’autore. Secondo Eccher il significato è quello di cercare proprio la profondità assoluta che non ha neanche bisogno del confronto della realtà. Il pensiero puro non ha bisogno di un pretesto naturale, è una forma assoluta, solo con la bellezza del pensiero. Non vi è più l’obbligo rappresentativo. Forme pure, che verranno prese poi nell’ambito della moda e del design con il modernismo.

A differenza di Monet dove le sue “impressioni” nascono dalla realtà esterna, altrimenti non ci sarebbero.

Piet Mondrian un pensiero che azzera il rapporto con la natura esterna la visione dell’arte è attraverso i colori primari, ma la griglia e i colori è il senso della bellezza, che non ha più bisogno di confrontarsi con la realtà esterna. Come Malevic vi è un’astrazione dalla natura che non è più nemmeno presente.

Chi invece cerca di superare questa dimensione è Picasso “Weeping woman”, 1937 si misura con un nuovo concetto in cui l’elemento astratto e naturale si combina in giochi di volumi, cubi. Una frammentazione dell’immagine.

Con Kurt Schwitters “Heavy relief”, 1945  abbiamo la dimensione oggettuale, finora la realtà esterna era metabolizzata assorbita, manipolata o stravolta. Con lui la realtà esterna è reale, vi è un assemblaggio attraverso questa dinamica si crea il concetto di bellezza, quasi rude, senza mediazioni.

La dimensione di bellezza passa attraverso la poesia con Paul Klee e Kandinskij  di costruzioni colori, forme, segni che creano un’armonia. Il colore è trattato come in musica, vi è un dialogo. La realtà esterna è quello della fiaba, le ricerche microscopiche.

Nel ’45 la ricerca diventa sociologica Jean Dubuffet bellezza istintiva ne collegata al pensiero e neanche alla natura ma all’istinto primordiale, disegni dei bambini e dei malati di mente.

Questi ed altri pittori sono stati oggetto della bellissima lezione di Eccher che è riuscito a suscitare l’interesse e la curiosità del pubblico più o meno esperto grazie al Museo Marino Marini. Il Museo, che si propone ancora una volta come luogo di formazione e conoscenza.

Danilo Eccher

Danilo Eccher, critico d’arte e curatore, già direttore della Galleria civica d’arte contemporanea di Trento, della GAM Galleria d’arte moderna di Bologna, del MACRO Museo di arte contemporanea di Roma e della GAM Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, docente universitario, si è concentrato soprattutto sulla nuova pittura contemporanea, organizzando mostre personali di numerosi artisti di fama internazionale. Dal 2019 è titolare della cattedra di Museologia al Dipartimento di Filosofia dell’Università di Torino.