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Mendelsshon-Bartholdy e Bruckner: Sir Antonio Pappano dirige L’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia

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“La musica dello spirito” è il titolo del concerto che il 12 gennaio (in replica il 13 e 14) è stato eseguito nella Sala Santa Cecilia dell’Auditorium Parco della Musica. Sul palco a dirigere l’Orchestra Sir Antonio Pappano che nell’esecuzione del Salmo 114 op. 51 MWV A17 di Mendelsshon- Bartholdy è stato accompagnato dal Coro dell’Accademia di Santa Cecilia diretto da Piero Monti. La seconda parte  è dedicata alla Sinfonia in mi maggiore n.7 op.107 di Anton Bruckner 

Ed è proprio con il Salmo che inizia il concerto, quindici minuti in religioso silenzio del pubblico mentre, austero, il Coro (doppio coro) esegue in tedesco la narrazione di quando gli ebrei abbandonarono l’Egitto. Un inno ad un popolo, il popolo di Mendelssohn (il cognome proveniva dal nonno ebreo) il cui padre Abraham era fermamente convinto che gli ebrei dovessero essere integrati nella società tedesca e che rinunciò anche al cognome scegliendo Bartholdy.

È la prima esecuzione dell’Orchestra e Coro dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia del Salmo 114 op.51 ed ha riscosso il meritato successo.

Sir Antonio Pappano e il Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia©Fabio Lovino
Il tempo di far uscire i cantori e subito ha avuto inizio la Sinfonia in mi maggiore n.7 op.107 di Anton Bruckner.

Sin dall’Allegro moderato si percepisce lo stile unico del compositore, che disse di aver udito la melodia in sogno ma, che probabilmente, è un retaggio della sua adolescenza nell’abbazia di Sankt Florian (Linz).

L’Adagio è scritto in onore di Wagner che era adorato da Buckner e da cui riprende alcuni tratti del suo stile.

La fine dell’Adagio è sostenuto appena dal maestro e dall’Orchestra come un ultimo sussurro del cuore che batte. La morte di Wagner, l’omaggio del compositore. Il ritmo si ripete mentre a turno subentrano gli ottoni e i flauti in un tripudio sonoro meraviglioso, il timbro è sempre più forte per poi sospendersi e ritornare ad una delicatezza dolce e leggera.

È questa delicatezza che è in evidenza ancora di più con il contrasto tra la personalità di Bruckner (descritto brusco, trasandato e con scarsa pulizia) e le sue composizioni ricche di emozioni diverse: vigorose e delicate, dolcissime e anche intime forse frutto di quell’amore rubato a Bruckner e di quella infanzia interrotta dalla morte dei genitori.

Personalità che si svilupperà lasciando poi spazio ad una religiosità che si ritrova nelle sue opere. L’unione tra il sacro, la purezza più eccelsa, in contrasto con la personalità “rustica” dell’uomo in carne ed ossa.

Come se la sua anima fosse imprigionata in un corpo senza alcuna corrispondenza tra i due.

La Sinfonia n.7 è di una bellezza sconcertante soddisfa ogni desiderio più inconscio dell’anima in cui gli strumenti dell’orchestra trionfano legano e s’intrecciano alle note.

Un’idilliaco finale dai tratti quasi bucolici in contrasto con lo stile wagneriano del precedente mantiene nei primi accordi la stessa melodia per poi tornare trionfale e forte con le trombe. E poi, riprendere “la passeggiata” alternando il ritmo forte e leggero.

Meravigliosa sinfonia e l’esecuzione di essa.