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Marina Abramović venerdì 16 luglio al MAXXI ha presentato la mostra “Più grande di me. Voci eroiche dalla ex-Jugoslavia”

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Marina Abramovic Photography by Dusan Reljin 2018
Marina Abramović a Roma e, per la prima volta, al MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo in occasione della mostra Più grande di me. Voci eroiche dalla ex-Jugoslavia, in cui è presente con l’opera Rhythm 0. Partner dell’incontro: l’hotel Rome Cavalieri. Ad introdurla il Direttore artistico Hou Hanru e una presentazione di Giovanna Melandri

La mostra, aperta fino al 12 settembre 2021, è un nuovo tassello del filone di ricerca sulla diplomazia culturale che il MAXXI porta avanti da anni fortemente sostenuto dalla Presidente Giovanna Melandri che nell’introduzione alla conversazione dice: “Attraverso  l’arte lanciamo ponti, contro ogni chiusura, intolleranza, nazionalismo aggressivo”.

L’evento era Sold-out già da più di due settimane, in attesa di Marina, l’icona, l’artista che scatena con le sue performance emozioni incredibili.

Lei arriva vestita di nero, un pantalone e una camicetta trasparente. I capelli lunghi le incorniciano il viso. Marina sembra stanca, ma è sempre molto disponibile con il suo pubblico, contenta di rispondere alle domande del Direttore del MAXXI e poi alle domande della platea gremita.

Racconta della performance Rhythm 0 presentata al pubblico nello Studio Morra di Napoli nel 1974. La più difficile della sua carriera, come dichiara la stessa Abramović. Durante la performance, l’artista fu per sei ore alla mercé del pubblico.

Settantadue oggetti erano su un tavolo. Dai più innocui come un giornale, una sciarpa, una bottiglia d’olio, un boa di piume di struzzo nero, una mela. E i più pericolosi: un ago, un’ascia, una siringa, una rosa, tra i tanti. Chiunque dei presenti poteva fare di lei ciò che voleva, Marina non si sarebbe mossa, vi era anche una pistola carica che alla fine le fu puntata addosso.

La performance allo scadere del tempo fu interrotta dal direttore dello Studio Morra, proprio quando la pistola era su Marina.

Palpare l’animo umano trasformatosi da una carezza in un sadico carnefice nel considerarla un oggetto e poi, al termine delle sei ore quando Marina è tornata “vivente” e non era più la loro bambola, il pubblico non ha retto lo sguardo profondo e critico dell’artista ed è scappato.

Al MAXXI è esposto quel tavolo e quegli oggetti. In una piccola stanza ricreata appositamente angusta per accentuare lo stato d’animo ansioso e crescente che si era creato nella stessa stanza del ’74. Un proiettore mostra le immagini di quella performance.

Durante l’intervista a Roma, Marina, racconta anche del grande amore per Ulay. Del loro inizio e della loro dolorosa fine conclamata dall’appuntamento sulla Grande Muraglia cinese nel 1988 dopo aver percorso duemila chilometri.

Ha presentato anche l’interpretazione de “7 deaths of Maria Callas” artista che Marina sente intimamente vicina a lei. La sofferenza per Onassis e l’incapacità della sua arte di salvarla dalla morte. Arte che invece è la salvezza della Abramović dopo la scomparsa di Ulay e la salvezza dal rapporto pessimo con la madre.

Marina sul palco non si risparmia. Come sempre cerca e dona emozioni, con un pubblico forse, oggi, un po’ troppo timido, mentre lei è sempre desiderosa di uno scambio che, come dichiara per le sue performance, “deve cambiare il pubblico ma anche me”.

Tra le “voci eroiche” della mostra Più grande di me con oltre 100 opere di 60 artisti originari dei diversi paesi della ex Jugoslavia vi è, appunto, anche quella di Marina Abramovic Rhythm 0.

Il suo lavoro al MAXXI è esposto all’interno della sezione Uguaglianza, che indaga l’emancipazione femminile e il ruolo cruciale delle donne nella tormentata storia dei Balcani.

Fin dagli inizi a Belgrado nei primi anni ’70, Marina Abramović ha aperto la strada alla performance art, dando vita ad alcune delle opere più importanti di questo linguaggio artistico. Esplorando i suoi limiti fisici e mentali, ha resistito al dolore, all’esaurimento e al pericolo nella sua ricerca di trasformazione emotiva e spirituale. Marina  Abramović è stata insignita del Leone d’Oro come miglior artista alla Biennale di Venezia del 1997. Nel 2010 al MoMa di New York, che  ha ospitato la sua prima grande retrospettiva negli Stati Uniti, per oltre 700 ore, si è esibita nella performance diventata ormai iconica “The Artist is Present”.

Nel settembre 2020 la Bayerische Staats Oper ha presentato la prima mondiale di 7 Deaths of Maria Callas, che presto sarà in tournée in nuove sedi. Dal 2023 presenterà la mostra personale After Life alla Royal Academy e diventerà la prima artista donna nei 250 anni di storia dell’Istituzione ad occupare l’intero spazio della galleria con il suo lavoro.

Abramovic ha inoltre fondato il MAI (Marina Abramović  Institute), una piattaforma per il lavoro immateriale e di lunga durata per creare nuove possibilità di collaborazione tra pensatori di tutti i campi.

Il prossimo incontro per approfondire i temi della mostra sarà martedì 20 luglio con Slavoj Žižek, tra i più innovativi e carismatici pensatori del nostro tempo.