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Una famiglia povera, i loro figli e gli assistenti sociali in “Listen” di Na Rocha de Sousa

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"Listen" di Ana Rocha de Sousa
Dal 7 maggio in esclusiva su MioCinema “Listen” di Na Rocha de Sousa il film che ha scosso il pubblico e la critica della 77esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, dove ha vinto il Premio Speciale della Giuria e il Leone del Futuro per la migliore opera prima

Londra, la sua periferia, una famiglia portoghese con tre bambini di età diverse, fin dai primi fotogrammi trapela la povertà ma anche le attenzioni che il padre e la madre hanno verso i loro figli, l’amore.

Diego (James Felner) un adolescente è il figlio maggiore,  la biondissima Lu (Maisie Sly) di circa sei anni è sorda, Jessy (Lola & Kiki Weeks) è una neonata. Saranno dei lividi sulla schiena di Lu che spingeranno la maestra a segnalarla ai servizi sociali innescando un turbinio di processi irreversibili a partire dall’allontanamento immediato dei bambini dalla giovane coppia.

La disperazione iniziale di Bela (Lucia Moniz) la madre e del padre Jota (Ruben Garcia) si trasformeranno in coraggio e lotta per riavere i loro figli.

Un film che è come un pugno nello stomaco, che lascia riflettere su quanto sia difficile valutare, giudicare e sbagliare. I lividi della bambina avranno una spiegazione ma tutti resteranno segnati per sempre nell’anima dove la povertà non era riuscita a lasciare il segno.

Lu e la madre

“Listen” l’opera prima di Ana Rocha de Sousa, riporta l’attenzione proprio sull’ascolto (Listen). Partendo dall’apparecchio acustico rotto della bambina fino al non ascolto del sistema innescatosi senza porsi domande, senza attenzione, giudicante prima di indagare.

Sordo nella crudeltà di andare contro alla volontà dei bambini anche quando urlano di voler tornare a casa.

Diego e LU

“Ho sentito la necessità di realizzare Listen non solo come cineasta, ma anche come madre” dichiara la regista, “le forme e le sfumature dei diversi lati di una storia, come una sorta di danza tra giusto e sbagliato, mi interessano molto. La cultura e la vita ci strutturano per farci comportare correttamente e rientrare in determinate categorie, ma nulla è esattamente ciò che sembra. Non è così semplice. La capacità di entrare nei panni di qualcun altro può favorire un cambiamento. Valutare in modo astratto spesso dà adito a errori. La separazione come misura preventiva è un punto interrogativo per le mie convinzioni. L’unione, il sostegno e la compassione possono far ottenere risultati migliori. Questo film per me è una dolorosa esplorazione del modo in cui vediamo, di ciò che giudichiamo o crediamo e di cosa è effettivamente vero”.