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L’arte dell’ affar-andarsi nell’era moderna, II parte

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Per quanto ci affanniamo, non riusciamo a stare al passo con il tempo.

È questa società con il suo sviluppo accelerato a darci la percezione di essere sempre un passo indietro, percezione che si traduce in una corsa senza fine. Una caratteristica di questa società sta proprio nella velocità con la quale accadono le cose e nel numero di cose che accadono nello stesso istante. Non si ha il tempo di metabolizzarle perché si succedono senza depositarsi. Senza saperlo sperimentiamo quella che negli USA chiamano FOMO (Fear Of Missing Out) cioè la paura di perdersi qualcosa, di sentirsi esclusi. In questa cornice la dedizione alla performance é esaltata, ma se ci imponiamo di fermarci, ci accorgeremo che non tutti gli impegni che ci assumiamo siano effettivamente necessari.

Se non riusciamo a cambiare il nostro stile di vita, allora é molto probabile che la ragione ha radici più profonde, a maggior ragione é bene interrogarsi su cosa si cela dietro il bisogno di affaccendarsi.

Può essere utile chiedere a noi stessi, mentre la nostra giornata avanza freneticamente e ci affanniamo nel fare il maggior numero di cose in breve tempo,  perché lo stiamo facendo. Vogliamo sentirci bravi? Vorremmo che qualcuno riconosca le nostre capacità? Agli occhi di chi desideriamo leggere lo sguardo di approvazione? Da quale bocca bramiamo parole di gratificazione?

Fermarsi a riflettere sul nostro funzionamento psichico, domandandosi se l’essere indaffarato serve ad evitare qualcosa o qualcuno, o se c’è qualcosa di cui ci si sta privando. A volte nel rivolgersi all’altro diciamo qualcosa di noi, quando ad esempio constatiamo: “sei così occupato!” Può significare: “non hai tempo per me …”

Comprendere cosa nasconde questo atteggiamento potrebbe svelare importanti bisogni inconsci.

Ignorarli equivale a non vivere le relazioni importanti, a non prestare attenzione a ciò che ci circonda, rischiare di dare tutto e tutti per scontati. Allora vuol dire che stiamo assumendo una posizione perdente.

Dobbiamo essere consapevoli di come stiamo occupando il tempo. Il meccanismo che abbiamo descritto la scorsa volta ha una natura automatica e inconscia, per cui é necessario usare il freno a mano. Provate a mettere una sveglia sul cellulare, ogni ora o due e quando squilla fermarsi a pensare su cosa avete fatto nell’ultima ora che vi ha davvero arricchiti. Oppure se avete dedicato il vostro tempo a chi magari non lo sta davvero apprezzando. Questo semplice esercizio di mindfulness serve a capire se state impiegando le vostre energie per qualcosa di importante o se sono state risucchiate dalla frenesia del fare.

Su questa scia potrebbe essere utile programmare delle pause per cambiare rotta.

Ad esempio fare una telefonata ad un’amica che non si aveva in programma. Fare tre respiri profondi. Guardarvi attorno e focalizzarvi su un particolare che sarebbe stato altrimenti tralasciato.

Un’altra azione che può farvi tornare padroni del vostro tempo è provare ad osservarvi da fuori, perché ciò aiuta a cambiare visuale e a volte anche a trovare soluzioni diverse quando ci si trova bloccati. Molto spesso seguiamo una tabella di marcia che in quel momento ci sembra vitale, spezzare la routine ci da la possibilità di rivedere le nostre priorità. Lo stesso discorso vale per le persone del nostro entourage.

Talvolta le relazioni a cui dedichiamo le nostre energie non sono in realtà così importanti, mentre trascuriamo quelle realmente significative.

Così ė per il tempo. Fermatevi e chiedetevi se nell’ultimo periodo della vostra vita, ad affannarsi, ne é valsa davvero la pena.

Domandatevi ora perché cosa vale la pena affannarsi.

Dottoressa Elena Albieri

psicoteapeuta e psicologa

L’arte dell’ affar-andarsi nell’era moderna I parte.