Il 26 gennaio scorso, sul palco del Teatro dell’Opera di Roma, è tornato a brillare, dopo sei anni, uno dei titoli più iconici del repertorio balletto: Carmen, una figura liberamente sfuggente, potente, un’indomabile forza della natura, proprio come l’ha rappresentata il coreografo ceco Jiří Bubeníček. Sulle musiche di Georges Bizet il balletto in due atti è diretto dal Maestro Manuel Coves
Si apre il sipario e, con le prime note dell’Habanera – L’amour est un oiseau rebelle, l’aria più famosa di Bizet, il pubblico viene immediatamente trasportato nel cuore pulsante della storia. A far da eco a questa melodia avvolgente, la fisarmonica suonata da Mario Muccitto accompagna la scena, creando una sensazione di intimità e al contempo di grande potenza. La melodia, che inizia a insinuarsi nell’anima dello spettatore, diventa la colonna sonora di una passione impossibile da domare, proprio come il personaggio della Carmen di Mérimée che in questa versione di Jiří Bubeníček rivive con una forza mai vista prima. L’Habanera simbolo del carattere ribelle e inafferrabile di Carmen, segna non solo l’apertura del balletto, ma anche il suo culmine emotivo nel finale, dove l’aria si ripresenta come un canto di tragedia e destino.
Fin dalle prime note la musica di Bizet, suonata dall’orchestra e al piglio sorprendente della direzione di Manuel Coves emerge fin dalle prime battute del primo atto.
Bubeníček sceglie di introdurre i due protagonisti separatamente, dedicando loro l’intero spazio del palco. Carmen (il 28 gennaio interpretata da Rebecca Bianchi) al centro della scena, cattura immediatamente lo sguardo. Il suo corpo fluido, danza con un’intensità viscerale, esprime in ogni gesto la sua indomabilità e la sua autonomia. Poi è la volta di Don José (Javier Rojas) che fa il suo ingresso che è ancora ragazzo, poi diventerà un soldato e un “gitano” facendosi travolgere dalla passione.
Ogni personaggio è così presentato come un mondo a parte, e la scelta di dare a ciascuno di loro l’intero palco rafforza l’idea di due anime fortemente distinte, che però sono destinate a incontrarsi.

Bubeníček accentua la personalità di Carmen che non è solo una seduttrice, ma un personaggio complesso, privo di legami, capace di fuggire da ogni definizione. Un’individuo che non può essere “domato”, proprio come il cavallo che percorre la scena come emblema del suo spirito indomito che accentua l’aspetto visivo del balletto, un altro dei punti di forza della creazione, che è a dir poco spettacolare. Le scene di Gianni Carluccio trasformano il palco in uno spazio onirico e pulsante, dove il cavallo che appare sulla scena evoca immagini di marionette, richiamando le tradizioni teatrali di Praga e portando un tocco di magia alla narrazione.
Ed è qui che la magia raggiunge il suo apice. Quando Carmen e Don José, finalmente uniti, vivono il loro amore in simbiosi, sullo sfondo del palcoscenico appare una riproduzione perfetta di un cavallo, una visione che sembra vera tanto è credibile. Questo cavallo, animato dai maestri Peter Forman, Josef Sodomka e Peter Garo Horky, incarna una delle immagini più affascinanti dello spettacolo. Con una bravura eccezionale, gli animatori mimano perfettamente le movenze dell’animale, dando l’impressione che stia realmente avanzando nel cuore del palcoscenico.

Un altro momento di una bellezza incredibile, e che rappresenta uno dei picchi emotivi del balletto, arriva sempre nel secondo atto, nell’arena. Qui, il confronto tra Carmen, i toreri e Don José si fa più tangibile, e l’intensità della gelosia di Don José esplode in tutta la sua potenza. Carmen, ormai completamente presa da Lucas, il torero interpretato da Alessio Rezza, danza con lui in modo sensuale, rivelando tutta la sua passione per lui scatenando la gelosia di Don José.
La danza di Don José mentre ruota attorno ai toreri come se fosse lui stesso il toro è una delle immagini più potenti e simboliche dello spettacolo. Le sue movenze sembrano riflettere la sua follia crescente, e lo sfondo della scena – un fondale infuocato e animato che proietta sul palco il suo stesso tormento – amplifica la sensazione di un amore che sta per sfociare nella rovina.

I meravigliosi e invidiabili costumi di Anna Biagiotti sono un altro elemento che merita di essere sottolineato, con un gioco di colori e forme che riflette la forte individualità dei personaggi. La Carmen indossa non solo la tradizionale gonna rossa, ma anche pantaloni, in un rimando alla moda zingara marocchina dell’Ottocento, sottolineando la sua ambivalenza e il suo spirito ribelle.
Il debutto romano al Teatro dell’Opera fino al 31 gennaio e poi in tournée al Palais des Congrès di Parigi, è l’occasione per vedere all’opera alcuni dei più importanti nomi del balletto italiano diretti da Eleonora Abbagnato. Tra questi, l’étoile Alessio Rezza, il primo ballerino Michele Satriano e i solisti come Federica Maine e Marianna Suriano. Un cast d’eccellenza che, accanto al Corpo di Ballo, ha contribuito a rendere unica questa produzione.
In conclusione, il Carmen di Jiří Bubeníček non è solo un balletto. È una dichiarazione di intenti. Un’opera che si allontana dai canoni tradizionali per abbracciare una visione più moderna, viscerale e, soprattutto, più fedele alla complessità psicologica del personaggio di Carmen, così come lo aveva immaginato Prosper Mérimée. Un successo che conferma l’eccellenza della danza e la capacità del coreografo di dare nuova vita a un classico, senza mai tradirne lo spirito.

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