Home Musica “Grace”, 25esimo anniversario del capolavoro di Jeff Buckley

“Grace”, 25esimo anniversario del capolavoro di Jeff Buckley

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L'album "Grace" di Jeff Buckley
Oggi 23 agosto ricorre il 25esimo anniversario dell’uscita di “Grace”, l’unico album completo in studio pubblicato dal compianto Jeff Buckley, scomparso troppo presto il 29 maggio del 1997

In occasione dell’anniversario, quindi, la Columbia/Legacy ha pubblicato quattro live in versione integrale: Live At Wetlands, New York, del 16 agosto 1994, Live From Seattle, del 7 maggio 1995, il live al Cabaret Metro di Chicago, del 13 maggio 1995 e, inoltre, quello alla Columbia Records Radio Hour del 4 giugno 1995 registrato ai Sony Music Studios di New York.

Sempre da oggi, inoltre, saranno disponibili in streaming, tra gli oltre cinquanta brani, anche alcune bonus track e rarità, come Sky Blue Skin che Jeff registrò poco prima di lasciarci.

Jeffrey Scott Buckley, nacque ad Anaheim, in California, il 17 Novembre 1966 dalla violoncellista Marie Guibert e del cantante folk Tim Buckley.

Il padre Tim, considerato uno dei più grandi cantautori del secolo scorso, non volle riconoscere il figlio alla nascita celando così la sua paternità.

La scoperta della reale identità del padre segnò per sempre la breve vita di Jeff il quale riversò nella musica il suo disagio; ma fu anche un altro episodio a cambiare la sua vita ovvero l’incontro con il chitarrista Gary Lucas con il quale inizia a scrivere e registrare alcuni demo che andranno poi a confluire nelle versioni finali in “Grace”.

“Grace” vedrà la luce il 23 agosto del 1994 ottenendo da subito ottime recensioni della critica ancorché il successo commerciale non seguì la sua fama e grandezza; infatti, le vendite ad oggi si attestano poco più che superiori alle due milioni di copie.

Dieci sono i brani che compongono l’album, ognuno con una propria peculiarità ma tutti comunque accomunati dalla impareggiabile interpretazione di Buckley, un fenomeno vero, un maestro, sia negli episodi più placati, come nel falsetto da brividi dell’apripista Mojo Pin, che in quelli più ruvidi nella successiva titletrack Grace, nella quale Buckley ci regala diverse modulazione della sua voce.

Last Goodbye ed Eternal Life rappresentano gli episodi pop rock e hard rock dell’album, due brani apparentemente classici della forma canzone ma che Buckley riesce a trasformare in episodi semplicemente fantastici accompagnati l’uno da un corposo giro di basso e l’altro da strumenti distorti.

Il pop rock d’autore lo si trova anche nella dolcissima Lover, You Should’ve Come Over, un pezzo di quasi sette minuti nel quale la vocalità di Buckley si alterna in basse note ma anche in estensioni memorabili.

Lilac Wine e So Real rappresentano i momenti languidi e cupi del disco. La prima è stata scritta nel 1950 da James Shelton e Buckley ha voluto reinterpretarla nella struggente versione di Nina Simona; la seconda trasmette un senso di inquietudine sulle note “scomposte” della chitarra e del basso.

Corpus Christi Carol è un tradizionale canto liturgico scritto da Benjamin Britten interpretato in falsetto da Buckley il quale sprigiona tutto il suo talento vocale nei poco più dei due minuti del brano mentre il capitolo finale dell’album, la mistica Dream Brother, contiene nel testo un esplicito e amaro riferimento al padre nelle parole: “Don’t be like the one who made me so old/Don’t be like the one who left behind his name/Cause they’re waiting for you like I waited for mine/And nobody ever came…”.

Una menzione particolare va, e non poteva essere altrimenti, a quell’Hallelujah di Leonard Cohen, dove l’interpretazione di Jeff raggiunge il suo apice.

Probabilmente l’Hallelujah di Buckley è la versione meglio riuscita del capolavoro di Cohen (di sicuro la migliore a parere di chi scrive) con la sua voce ammaliante contornata da una atmosfera potente e da una intensità da pelle d’oca.

Il testamento lasciatoci da Jeff Buckley è un’opera superba, dotata di una eccezionale “imperfezione” capace di renderlo a tutti gli effetti una milestone del panorama musicale. Una miscellanea di stili, note e linguaggi, il tutto in (im)perfetto equilibrio tra loro con l’immensità di Buckley a far da regia.

Un album necessario, buon anniversario Grace!

“La musica ad agosto non va in vacanza”.