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Chimica e storia, un connubio molto frequente con EUREKA! Alla scoperta della scienza

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Prof. Giovanni Morelli
È andato in scena, venerdì 1 giugno 2018, al Teatro Torlonia in Roma, l’ultima di una serie di divulgazioni scientifiche tenute da Giovanni Morelli
Teatro di Villa Torlonia

Morelli è un chimico, fondatore dell’Associazione Siamo Sapiens, un contenitore culturale atto a promuovere la conoscenza della chimica nel mondo che ci circonda, all’interno del programma Eureka 2018. Sponsor della manifestazione aziende del calibro di Mapei, Prisma, Società Chimica Italiana, OMIA Laboratoires, Fageco Ecologia e la media partnership di IPmagazine.it.

Giovanni Morelli si è laureato in Chimica teorica e computazionale all’Università “La Sapienza” di Roma, per poi conseguire il Dottorato in Chimica all’Università “Federico II” di Napoli. Ma si può essere dei perfetti conoscitori di nozioni scientifiche, e dei non altrettanto bravi divulgatori del proprio bagaglio culturale. Giovanni Morelli è invece molto bravo, tiene il palco in maniera fluida e coinvolgente, facendosi prestare attenzione anche da componenti molto giovani della numerosa platea di pubblico.

L’argomento naturalmente è la chimica e in particolare la molecola del chinino, un alcaloide estratto per la prima volta dalla Cinchona officinalis, pianta originaria del Sud America, e oggi prodotto in laboratorio.

Cosa sono gli alcaloidi? Sono sostanze che le piante secernono per la propria difesa.

Eh già, le piante allo stato naturale non possono scappare come gli animali. Nascono e muoiono nello stesso punto, per cui hanno acquisito, nella loro evoluzione, la capacità di sintetizzare sostanze atte a difendersi da qualsiasi aggressione. Sostanze tossiche, veleni, allucinogeni, droghe. Le piante sono il più grande laboratorio biochimico presente sulla faccia della Terra. E per la maggior parte le sostanze non sono letali, ma fastidiose al punto da scoraggiare l’avventore a riprovare di nuovo determinate azioni, in modo che possa informare anche gli altri. Un individuo morto non può informare nessuno.

Ma veniamo al chinino, sostanza da sempre usata contro la malaria fino alla scoperta, nel 1972, dell’artemisinina, da parte della farmacista cinese Tu Youyuo, scoperta che le è valsa il premio Nobel nel 2015.

Il chinino è una molecola chirale, significa che non è sovrapponibile alla sua immagine speculare. Come le nostre mani, che sembrano identiche ma non sono sovrapponibili. Se viene assunto quando il plasmodio della malaria si trova ancora nel fegato non è efficace, e provoca effetti collaterali anche gravi. Per questo le popolazioni erano restie a prenderlo e forse per questo non è stato in passato considerato veramente adatto a curare la malattia.

Si è scoperto invece che distrugge il plasmodio ad uno stadio più avanzato, quando quest’ultimo è ormai nel sangue e si sta replicando facendo esplodere i globuli rossi. Paradossalmente il plasmodio ha difficoltà a replicarsi nelle persone affette da anemia falciforme, la cosiddetta anemia mediterranea o talassemia, proprio per la forma allungata a falce dei globuli rossi. Ma dove il chinino incontra la storia è stato nell’Agro Pontino, terra natìa di Giovanni Morelli, all’epoca della grande bonifica dalle paludi, operata dal regime fascista a cominciare dal 1924.

Morelli racconta i fatti con dovizia di riferimenti storici e testimonianze degli abitanti. La malaria imperversava in quelle zone e la popolazione veniva indotta ad assumere chinino.

Purtroppo nella modalità errata, causando i sopraddetti effetti collaterali, e per questo molta gente non ne voleva sapere. Nel 1943 lo sbarco degli alleati in Sicilia indusse i tedeschi a ritirarsi verso Roma. L’unico passaggio plausibile era la valle del Liri, sovrastata dall’abbazia di Montecassino. E fu proprio per scongiurare la presenza dei nazisti nel paese, in un ipotetico agguato agli alleati, che fu bombardato e raso al suolo.

I nazisti pero non c’erano. Avevano optato per un’altra strategia. Allagarono di nuovo l’Agro Pontino, azionando al contrario le idrovore, e indussero a credere di voler appositamente ricreare l’ambiente malarico. Questa azione venne da molti definita come il primo esempio di guerra batteriologica. A suffragare questa tesi ci fu il furto delle riserve di chinino all’Istituto Superiore della Sanità a Roma, operato sempre dai nazisti. A confutarla invece, il mancato ritrovamento, negli archivi delle SS, di un qualsiasi ordine protocollato che possa far intendere la volontà di ripristinare l’ambiente adatto per la malaria. I nazisti erano molto precisi in questo. Sarebbe stato un prolungamento dei danni di guerra da loro causati, ma ebbero comunque l’occasione di causarne un altro, anche se questo probabilmente non voluto.

Dopo la guerra in Germania erano rimasti solo i chimici. Matematici e fisici erano tutti di origine ebrea ed erano scappati.

Per risollevarsi dalle macerie della guerra le industrie chimiche e farmaceutiche tedesche cominciarono a produrre nuovi farmaci. Uno di questi, il Talidomide, venne utilizzato negli anni ‘50 e ‘60 per calmare le nausee delle donne incinte. Essendo una molecola chirale venne sintetizzato anche un suo enantiomero. Questo però provocava l’inibizione della crescita dei capillari, bloccando la crescita degli arti nei feti, provocando la focomelia.

Sarebbe bastata una sperimentazione sulle cavie incinte, ma non c’era tempo. Bisognava guadagnare in fretta. Per questo in seguito venne ritirato dal commercio. I suoi studi vennero riprese in seguito all’intuizione di un ricercatore, il quale sostiene che, bloccando l’angiogienesi, il farmaco potrebbe bloccare anche la crescita dei tumori, che agiscono proprio vascolarizzando la zona a loro circostante. Staremo a vedere gli sviluppi futuri.

Regia di Eureka! 2018

Queste cose le sanno in pochi. Una buona divulgazione scientifica serve ad evitare fake news, le quali stanno dilagando in quella immensa piattaforma di disinformazione quale a volte può essere internet. Persone come Giovanni Morelli sono necessarie per questo. Se si seguissero di più certi convegni scientifici ci sarebbero meno prese di posizione inconsulte ed ingiustificate, dettate solo dall’ignoranza e dalla disinformazione, sulle quali poi troppo spesso fanno leva i fautori del populismo.

Photo: Inbrand.it